venerdì 27 novembre 2015

Nei giardini al centro di Roma messo a dimora il baniano simbolico che abbiamo donato alla città

Il baniano [dal port. banian e dall’ingl banyan, derivati dalla voce hindi baniyā], è un imponente e curioso albero sempreverde (Ficus bengalensis) dalle belle foglie lucide, vagamente simili a quelle delle piccole piante del genere Ficus che in Europa coltiviamo negli appartamenti. E’ originario dell’India, dove è coltivato sia per la sua ombra, potendo riparare centinaia di pellegrini, sia come albero sacro. Si racconta, infatti, che raccolto in meditazione ai suoi piedi Buddha abbia raggiunto l’illuminazione.

L’albero, col clima giusto, può arrivare a un’altezza fino a 30 metri. Ha un tronco enorme, ma la sua caratteristica più appariscente sono curiose radici che scendono numerose e diritte dai rami fino a penetrare nel terreno, come vere e proprie esili colonne, così alimentando ma anche sorreggendo la pesante e amplissima chioma, che può giungere a coprire anche varie centinaia di metri quadrati. I nativi sono convinti che i semi racchiusi nei suoi frutti germogliano più facilmente se dispersi sul terreno dopo essere stati mangiati dagli uccelli.

Antichissimo, sollevò la curiosità degli antichi viaggiatori e soldati greci e romani. Un esemplare gigantesco di baniano lungo le sponde del fiume Narmada, nell’India centrale, fu notato da Nearco, capo della flotta di Alessandro Magno durante la spedizione in India [v. in questo stesso blog la ricostruzione completa del drammatico incontro del re macedone con i saggi filosofi gimnosofisti], e descritto poi nelle sue memorie.

Per i devoti si tratta d’un vero e proprio “albero tempio”, sia perché presente spesso nei recinti dei grandi luoghi di culto per ristorare con la sua ombra i pellegrini, sia perché sotto le sue ampie fronde si innalzano piccoli templi per la celebrazione di riti e cerimonie (v. antica stampa).

Ma il nome, stranamente, lo deve all’antica usanza di esporre e vendere le loro mercanzie sotto la sua chioma da parte dei baniani, antichissima casta dei mercanti indiani specializzati negli scambi di spezie, tè e tessuti con l’Arabia e l’Africa orientale, dove erano attivi già prima dell’arrivo dei Portoghesi nell’Oceano Indiano (sec. XV), quindi verso il 1400 dC.

Ebbene, un bell’albero giovane di baniano, raro esemplare in Europa, è stato donato alla città di Roma dalla nostra Associazione Bhaktivedanta Cultural and Educationl Library, che ha sede presso i locali del Bibliothè, in occasione dell’inizio dei festeggiamenti a Roma del 50° anniversario della fondazione della International  Society for Krishna Consciousness  (ISKCON) avvenuta a New York nel 1966) per opera del fondatore-acarya A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada.

L’albero è stato messo a dimora, col suo carico simbolico, nel giardino pubblico più centrale di Roma, in piazza Vittorio Emanuele II (nota come “piazza Vittorio”), in una apposita ampia area concessa dal Servizio Giardini della Capitale (ringraziamo il Sovrintendente ai Giardini Alessandro Mori). La suggestiva cerimonia si è svolta mercoledì 25 novembre 2015 (giornata favorevole, perché di luna piena) nel primo pomeriggio, a cura della Lega degli alberi (Massimo Livadiotti, coordinatore dell’evento, e Cristiana Pristy), del “Comitato di Piazza Vittorio partecipata”, e con la presenza attiva per la prasada rituale  e canti devozionali di Enzo Barchi e Trina Boyer del Bibliothè. Canti devozionali e un simbolico rinfresco con tè auyrvedico hanno allietato la cerimonia. Ha preso la parola anche Massimiliano A. Polichetti, nuovo direttore del Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci” di via Merulana a Roma.

Piantare un baniano, oltretutto uno degli alberi simbolo dell’India, in Italia, al centro della città di Roma, e per di più in occasione del cinquantennale della fondazione della Società per la Coscienza di Krsna, avvenuta negli Stati Uniti, è da interpretarsi come un atto altamente simbolico del legame tra Est e Ovest, capace di rafforzare attraverso i tre continenti la comune origine culturale e la sensibilità che lega Stati Uniti, Italia e India.

AGGIORNATO IL 28 NOVEMBRE 2015

lunedì 16 novembre 2015

Le spezie. Squisiti sapori e aromi per ogni cibo e per la salute. Al Bibliothè l’Ayurveda a tavola.

La cucina vegetariana ayurvedica indiana, (Ayurveda in sanscrito: आयुर्वेद Āyurveda , ‘conoscenza della vita’) è ormai famosa nel mondo, e la si può ritrovare proposta ogni giorno nel menù tipicamente ayurvedico di Bibliothè (via Celsa, 5, Roma). Caratterizzata da ricette che si rifanno agli insegnamenti della maestra Yamuna Devi, le particolari proprietà della cucina ayurvedica proposte da Bibliothè, sono legate ad un utilizzo espero delle spezie, i cui effetti benefici sono subito percepibili, tanto da incuriosire sempre chi per la prima volta gusta uno di questi piatti o sorseggia una tisana ayurvedica in modo totalmente ignaro della storia di queste ricette.
Il cibo però non è soltanto legato al nutrimento di chi lo prepara, ma diventa un dono da offrire da un punto di vista religioso, dunque nell’induismo possiamo scoprire che per i seguaci di Krishna diviene un rituale che inizia già con la sua preparazione, attenta ad ogni dettaglio. Il rituale che comprende l’atto del cucinare, è ricco di significati, e termina solo dopo che Krishna ha consumato il suo pasto, che è offertogli per primo.
Andremo a vedere qui di seguito più da vicino il valore delle spezie nella cucina ayurvedica, e successivamente a quest’introduzione avremo un approfondimento di cinque spezie fondamentali nei rimedi ayurvedici. Rimando i più curiosi  o coloro volessero approfondire l’argomento ‘cibo in India’ da diversi punti di vista, alla sezione della biblioteca di Bibliothè, in cui sono conservati molti testi sull’argomento come  ad esempio ‘La Cucina degli Hare Krishna’, ‘Best Food from India’, ‘Spices and Condiments’, e che sono consultabili.
Nella cucina di Bibliothè come già accennato, ci si rifà soprattutto a cento ricette di Yamuna Devi, che sono state raccolte in un testo,  il secondo manuale di Bibliothè.  Il libro è in fse di realizzazione ed il titolo sarà “L’Arte della Cucina Vegetariana Ayurvedica”.  Questo manuale sarà presentato a dicembre con una conferenza a Bibliothè, di cui verranno forniti maggiori dettagli a breve sulla pagina facebook di Bibliothè.


BREVE STORIA DELLE SPEZIE

La fama delle spezie indiane è antica, e si narra[1] che le navi salpavano dalla Mesopotamia, dall’Egitto e l’Arabia alla volta dell’India per acquistare le pregiate spezie già prima dell’epoca cristiana; i mercanti greci come anche gli epicurei romani spendevano fortune per le preziose spezie indiane, e le guerre romano-partiche servirono anche per mantenere aperto il passaggio commerciale aperto verso l’India.
Sembra incredibile che le spezie oggi poco costose, rientrassero tra i lussi reali che spingevano i naviganti a rischiare le loro vite pur di ottenerli. Nel 1492 Cristoforo Colombo partì proprio per trovare una rotta verso le Indie, ma giunse invece in quello che venne definito il Nuovo Mondo; solo cinque anni più tardi quattro piccole navi salparono verso il sud, dal porto di Lisbona in Portogallo, e sotto il comando di Vasco Da Gama solcarono i mari alla volta di nuove rotte verso le terre delle spezie, l’Asia. Da Gama riuscì a creare una nuova rotta verso l’India passando intorno al continente africano, e se solo due delle navi riuscirono a tornare, il carico di spezie ottenuto venne considerato avere un valore che comunque superava di 60 volte il costo dell’intero viaggio.[2] 
Le spezie nell’epoca di Da Gama erano utili anche per sopperire alla scarsità di cibo che caratterizzava la vita in Europa, anche se il loro valore era molto elevato, considerando che ad esempio 16 once di zenzero valevano una pecora intera[3]. Il successo di Da Gama nel favorire i commerci con l’India, aumentò anche la pressione posta sul controllo del commercio delle spezie; a livello internazionale si stavano infatti intensificando sempre più guerre tra le varie potenze europee, volte ad assicurarsi il monopolio di queste rotte; rivalità e scontri che si sarebbero tradotte poi nelle politiche coloniali.
Ma perché le spezie sono così importanti nella cucina indiana?
L’India è nota come ‘la patria delle spezie’[4] e le spezie non sono soltanto importanti per quanto riguarda l’arte culinaria, ma sono oltremodo importanti per ciò che concerne l’economia del paese, che ottiene un’alta percentuale di guadagni proprio grazie al commercio internazionale delle spezie ( cfr. http://www.ibef.org/exports/spice-industry-indias.aspx ), che riguarda ambiti gastronomici, farmaceutici, parafarmaceutici, cosmetici e molti altri[5].
Per quanto riguarda l’utilizzo delle spezie nella cucina indiana, si tratta di un uso sapiente, legato a ricette tramandate anticamente, non solo per quanto riguarda il gusto del cibo, ma soprattutto per la funzione terapeutica che esse hanno a seconda di vari accostamenti.
Le spezie e le erbe sono infatti parte fondamentale delle pratiche mediche ayurvediche, in cui si impiegano accostamenti di radici, erbe, cortecce o semi a scopo medico. L’alimentazione è infatti strettamente connessa alle cure mediche, e mira ad ottenere un bilancio, tradotto più spesso nell’equilibrio tra i tre dosha ( o umori) Vata, Pitta e Kapha che si ricollegano a cinque elementi basilari: Aria, Etere, Terra, Acqua e Fuoco.
Nella dieta ayurvedica si distinguono sei sapori principali: dolce (riso, miele, pane, verdure…), agro (agrumi, bacche, alcohol, pomodoro…), salato (sale, salsa di soia…), pungente (pepe, aglio, cipolla, zenzero…), amaro (verdure a foglia verde, broccoli…) e astringente (lenticchie, mele verdi, pompelmo, thé…)[6] che sono da bilanciare in modo da poter mantenere i tre dosha equilibrati. Se si utilizza però uno di questi gruppi in modo eccessivo, si avranno degli squilibri, che porteranno a diverse patologie legate dunque agli alimenti, ed in modo molto più profondo ai dosha ad essi connessi. Quindi ad esempio un eccesso di alimenti astringenti possono aiutare a bilanciare un Kapha o Pitta squilibrato, ma sono da sconsigliare se si ha un eccesso di Vata, oppure al contrario elementi troppo pungenti  bilanciano Kapha ma irritano Pitta e Vata, o ancora un eccesso di cibi dolci può aiutare a bilanciare Vata e Pitta ma aggraverà il Kapha.
I cibi dunque che diminuiscono un dosha sono detti ‘pacificare’ quel dosha, mentre quelli che lo aumentano lo ‘aggravano’. I cibi dolci, amari e salati pacificano il Vata. Dolce, pungente e amaro diminuiscono il Pitta, mentre pungente, amaro e astringente pacificano il Kapha.
Esistono più di 80 spezie al mondo, e 50 sono coltivate in India[7], a livello internazionale non esiste una differenziazione tra il concetto di ‘spezia’ e ‘condimento’, quindi spesso ci si riferisce alle spezie con un immaginario un po’ diverso da quello che si può avere comunemente. Infatti viene generalmente definita spezia o condimento “qualsiasi prodotto vegetale, o mix di piante e verdure, utilizzato per aumentare l’aroma, il sapore e piccantezza o per condire un cibo”[8].
Nella cucina indiana le spezie si differenziano anche a seconda del modo in cui vanno impiegate ( a pizzichi come la noce moscata, il pepe, il peperoncino, lo zafferano…) oppure da dosare con il cucchiaino ( cannella, cumino, zenzero in polvere…)[9] e la loro quantità non è fissa.
Ci si può riferire alle spezie raggruppandole in modi diversi: si può infatti considerare la loro famiglia e quindi in base ad analogie botaniche, modo di coltivazione, importanza dal punto di vista di esportazione (maggiori e minori si riferisce a questa classificazione normalmente), o in parti o formati (es. semi, cortecce, radici, etc.).
Nei testi di cucina indiana viene spesso indicato come conservare od impiegare al meglio le spezie; ad esempio si consiglia di controllare bene le spezie da utilizzare intere per evitare che vengano erroneamente inglobati anche rametti o pietruzze nel pasto, andando a variare la componente del cibo, oppure si consiglia sempre di conservare le spezie in contenitori etichettati, ben chiusi e metallici, in luoghi freschi ed asciutti lontano dalla luce diretta del sole dividendo le quantità di uso giornaliero da tenere invece più a portata di mano, così da evitare di far rovinare il resto della spezia. Si consiglia di evitare di acquistare le spezie già in polvere in quanto perdono più velocemente il loro aroma, e  preferire quindi quelle intere (es. radici come lo zenzero) da macinare al momento dell’utilizzo (si noterà la differenza).
Per quanto sembri più comodo e facile, le miscele già pronte sono in realtà sconsigliate, e in India praticamente sconosciute[10]. Seguendo i consigli dei ricettari di cucina indiana (che a Bibliothè sono disponibili per la consultazione quotidianamente), scegliere di preparare una miscela di spezie di persona risulterà in un’operazione facile, che vi permetterà di gustare dei sapori più ricchi di aromi ed un cibo più salutare.
Alcune spezie alla base dei sapori contrastanti ed armoniosi della cucina ayurvedica, e ricchi di proprietà curative, sono  lo zenzero, la curcuma, il pepe nero, il coriandolo, la cannella . Qui di seguito cercheremo di avvicinarci un po’ di più ad esse.

(Per le descrizioni di seguito mi sono avvalsa delle informazioni avute dai sapienti cuochi di Bibliothè, integrandole con i testi che ho consultato e che sono  disponibili nella sezione biblioteca, o siti internet come www.mapi.com della Maharishi foundation ). 

Pepe nero
E’ considerato essere una spezia dalle grandi proprietà curative. Il preparato trikatu, che è un ingrediente molto importante nelle terapie ayurvediche,  si ottiene proprio mettendo insieme il pepe nero con il peperoncino e lo zenzero.  Ha proprietà depurative ed antiossidanti, ed aiuta a veicolare le proprietà e gli effetti benevoli delle altre piante in diverse parti del corpo. Aiuta ad ossigenare il cervello,  a regolare la digestione e la circolazione, stimola l’appetito, ed aiuta a mantenere le vie respiratorie sane, così come aiuta le articolazioni. Il pepe nero rientra tra i sapori pungenti, ed è ottimo per pacificare il Kapha, il Vata ed aumentare il Pitta.

Zenzero
Lo zenzero o ‘Ardraka’ in sanscrito, costituisce una delle principali spezie dell’India,  tra le più importanti ed antiche insieme al pepe e  la cannella. L’India continua ad essere il principale produttore di Zenzero al mondo[11], e lo zenzero indiano è considerato lo zenzero migliore al mondo[12].  In cucina è adoperato per il suo gusto piccante e allo stesso tempo penetrante; caratterizzato da una componente antisettica e pungente, è indispensabile nella preparazione di una serie di alimenti come il pane allo zenzero, o tisane. Lo zenzero nella medicina ayurvedica è impiegato per curare coliche e dispepsia. Mangiato in piccole quantità cura i dolori dello stomaco, mentre preparato in infuso con l’aggiunta di peperoncino e limone, risulta un ottimo rimedio per il raffreddore.

Curcuma
La Curcuma, in sanscrito ‘Haladi, ‘Harita’o ‘Haridra’,è un componente della famiglia dello zenzero (Curcuma longa); è un rizoma dal colore arancio scuro, è pressoché onnipresente nelle ricette indiane risultando infatti impiegata nei pasti quotidianamente  in ogni classe sociale indiana[13] per aggiungere calore e sapore acre a verdure, zuppe o anche solo per aggiungere colore ai piatti.  La polvere mantiene a lungo le proprietà coloranti, ma perde presto l’aroma.  Solo una piccola parte  della produzione totale indiana di curcuma viene adoperata nella medicina o nella cosmesi, occupando comunque un ruolo importante come ingrediente dei rimedi ayurvedici, soprattutto grazie alle sue proprietà anti-infiammatorie. Viene assunta (generalmente in polvere), per trattare diverse patologie legate a problemi dell’apparato digerente,  ma è anche un disintossicante, purificatore di sangue, aiuta l’organismo a rispondere in modo migliore agli allergeni, è un vermicida,  antisettico ed aiuta le difese immunitarie. E’ anche consigliata nei casi di diabete, e se inalato o assunto con acqua calda insieme all’omum (Trachyspermum ammi)  è un ottimo rimedio per la tosse ed il raffreddore.

Coriandolo
I semi di coriandolo, interi o macinati (dhania, sabut e pesa), sono molto profumati. E’ una delle tre spezie più importanti della cucina indiana, e stanno divenendo molto popolari anche in occidente[14].  E’ una spezia rinfrescante, ed aumenta i gusti astringenti e dolci. Nelle pratiche ayurvediche è impiegato per aiutare la digestione, favorisce all’organismo una risposta migliore agli allergeni, ed aiuta a purificare il sangue. Spesso combinato con altre spezie importanti nei rimedi ayurvedici, come la curcuma, il cumino, la paprika il cayenne o il finocchio. Il coriandolo fresco è impiegato come aroma essenziale, e non è molto facile da trovare per quanto sia invece estremamente semplice coltivarlo (avrà bisogno di un piccolo angolo del giardino, in cui potrete seminarlo, ed accudendolo tenendolo al riparo ed innaffiandolo ogni giorno, germoglierà in poco tempo -20 giorni circa- andranno colti gli steli lunghi circa 15 cm e prima che dia i semi).

Cannella
Insieme alla Cassia (Jangli Dalchini), la Cannella (Dalchini o Darchini) è una spezia molto popolare, ed usata comunemente nella dieta indiana. Il termine deriva dalla parola araba Dar-al-chini, che significa il ‘legno di Cina’. E  una delle prime spezie che vennero conosciute dall’uomo[15], e viene impiegata comunemente nei piatti indiani per aumentare od esaltare le proprietà delle altre erbe. E’ una spezia calda, ed esalta i sapori dolci, pungenti ed amari. E’ ottima per pacificare il Kapha, e per bilanciare il Vata. Chi avesse bisogno di bilanciare il Pitta può utilizzare anche la cannella, ma è sempre consigliabile adoperare in questo caso quantità piccole. Nelle terapie ayurvediche è adoperata per bilanciare la digestione ed aiutare lo stomaco. Bollito insieme allo zenzero ed al pepe nero, è un ottimo rimedio per il raffreddore. L’olio di cannella è impiegato per combattere il mal di testa e fortificare le giunture. Si combina bene con molte altre spezie, spesso impiegate nella cucina indiana, come ad esempio lo zenzero, il pepe nero, la paprika, lo zafferano, etc. CYNTHIA CALZOLARI

[1] Spices and Condiments
[2] Ibid.
[3] Ibid.
[4] ‘Spices and condiments’ – consultabile presso Bibliothè
[5] Ibid.
[6] www.chopra.com
[7] Spices and Condiments, ibid.
[8] Ibid.
[9]  Da ‘Spezie ed erbe’ – La cucina degli Hare Krishna (testo consultabile presso la sezione biblioteca di Bibliothè)
[10] Ibid.
[11] http://agriexchange.apeda.gov.in/Market%20Profile/one/GINGER.aspx
[12] Spices and condiments
[13] Ibid.
[14] Spezie ed erbe – la cucina degli Hare Krishna
[15] Ibid.

AGGIORNATO IL 16 NOVEMBRE 2015